Amazon è stata multata in Francia: adesso dovrà pagare 32 milioni di euro per aver monitorato eccessivamente i suoi lavoratori.
Nell’era digitale, la privacy dei lavoratori è un tema sempre più delicato. E Amazon, il colosso dell’e-commerce, ne sa qualcosa. La Commission nationale de l’informatique et des libertés (Cnil) – l’autorità francese per la protezione dei dati personali – ha inflitto all’azienda una multa di 32 milioni di euro per “l’eccessiva sorveglianza” esercitata sui suoi dipendenti.
Multa milionaria ad Amazon
Secondo la Cnil, Amazon France Logistique – l’azienda che gestisce i magazzini francesi del colosso statunitense – archiviava i dati registrati dagli scanner portatili usati dai lavoratori. Lo scopo era seguirne l’attività nei minimi dettagli e chiedere spiegazioni su ogni interruzione ritenuta “sospetta”.
Ma il suo atteggiamento è stato considerato troppo invasivo, tanto da nuocere ai dipendenti dell’azienda che avrebbero subito, in un certo senso, la violazione della propria privacy. Le conseguenze per il colosso dell’e-commerce non sono state sobrie.
Per la Cnil, questo rappresenta un ”sistema di monitoraggio eccessivo delle attività e delle prestazioni, che porta potenzialmente il dipendente a dover giustificare ogni pausa o interruzione”. Alla luce di ciò, Amazon ha avuto una sanzione di ben 32 milioni di euro: la sentenza dall’organismo francese di controllo e tutela, risale allo scorso 27 dicembre.
Ricorso in vista
Amazon però, non ha preso bene la decisione dell’autorità francese e ha annunciato che presenterà ricorso contro la multa. L’azienda sostiene di rispettare la privacy dei suoi dipendenti e di utilizzare i dati raccolti solo per “garantire la sicurezza, la qualità e l’efficienza delle operazioni e assicurare il tracciamento delle scorte e l’elaborazione dei pacchi in tempo e in conformità con le aspettative dei clienti”.
Tuttavia, per l’azienda questa non è la prima volta che si ritrova sotto accusa per il suo approccio al monitoraggio dei dipendenti. In passato, infatti, è stata criticata per l’uso di algoritmi per tracciare la produttività dei lavoratori e per l’installazione di telecamere nei suoi magazzini.